Periodico pubblicato per conto della casa farmaceutica milanese Dompé e rivolto ad un pubblico composto principalmente dai medici e dalle loro famiglie. La ricetta redazionale prevede una miscela di argomenti vari, dalla moda allo sport, dall’artigianato a temi collegati all’attualità, con una particolare attenzione alla presentazione delle bellezze naturali e artistiche della penisola.
Caratterizzata fin dagli esordi da un’ottima qualità fotografica e da una veste grafica di grande pregio curata da Franco Grignani, Bellezza d’Italia si inserisce in una tradizione di periodici legati all’industria farmaceutica che si può far risalire a L’Illustrazione del medico dei Laboratori Maestretti. La formula collaudata consiste nell’evitare argomenti legati alla medicina per concentrarsi invece sull’evasione, con l’obiettivo di guadagnarsi le simpatie della «Classe Medica» e proporgli poi, negli inserti pubblicitari, i propri prodotti farmaceutici.
«Bellezza d’Italia non ha mai parlato né mai parlerà di problemi di alta chirurgia, di alta medicina, di morbi e malattie difficili o facili a curarsi, di diagnostica e di altri simili argomenti. Bellezza d’Italia vuole essere un’affezionata serena compagna nelle ore di riposo del medico, uno spiraglio di mondo […] che arriva ogni mese al domicilio del medico» (n. 7 1949).
L’esordio di Bellezza d’Italia appare in realtà slegato dalla Dompé, o comunque privo di riferimenti diretti all’azienda farmaceutica. I primi due numeri della rivista sono pubblicati infatti da l’Editoriale, un’impresa milanese che curava molte altre testate nel settore della moda e dello sport. In questi primi fascicoli del 1947-48, tutto lascia pensare ad una rivista indipendente dedicata al «turismo e l'artigianato in Italia», come recita il sottotitolo. È probabile tuttavia che il periodico fosse almeno in parte già finanziato dalla Dompé, alla cui pubblicità sono riservate infatti tutte le controcopertine.
È soltanto con il numero 3/4, del marzo-aprile 1948, che il nome della Dompé viene esplicitamente legato a Bellezza d’Italia. Nello scusarsi per il ritardo con cui esce la rivista, la Direzione si rivolge «ai signori Medici», cui l’azienda farmaceutica si impegna a distribuire la rivista in omaggio. Si parla inoltre della costituzione di un nuovo gruppo editoriale «esclusivamente dedicato alla gestione e redazione della rivista»: Edizione Bellezza d’Italia. Cambia anche il direttore che è adesso il dott. Palmiro Azzi, mentre la testata perde il sottotitolo e ne resterà priva fino al 1951.
Nonostante questi mutamenti coincidenti con la presenza dichiarata della Dompé come editore della rivista, i temi e le immagini degli articoli non cambiano molto rispetto ai primi numeri. Tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio del decennio successivo si consolida una impostazione incentrata principalmente su temi turistici, ma con frequenti incursioni nel mondo dell’arte e della cultura. Nei fascicoli compaiono riproduzioni pregiate di opere che vanno da Canaletto a Carlo Carrà, dall’Ottocento Italiano a De Pisis e Funi. Tra gli argomenti sempre più presenti anche teatro e cinema, mentre altri articoli sono dedicati, ad esempio, alla Vita nota e ignota di Indro Montanelli principe degli “inviati speciali” (Franco Fucci, Fece anche il “taxi man”, n. 5/6 1948). In copertina continua ad esserci l’indicazione del prezzo per copia singola. Solo nel n. 5 del 1951 compare per la prima volta la dicitura «edizione non in vendita».
Con il n. 1 del 1950 la direzione passa nelle mani di Enrico Caprile, che la mantiene fino al n. 2 del 1954. In questi anni, la rivista oltre ad essere sempre più curata nel progetto grafico di Grignani, amplia molto il ventaglio di temi trattati e appare come un esempio di house organ decisamente in linea con la migliore tradizione italiana.
Nel 1950, alcuni numeri sono dedicati in gran parte ad accurati dossier sulle regioni italiane, mentre da questo momento ogni fascicolo reca almeno un articolo su una città o un borgo della penisola. Gli argomenti trattati continuano a includere moda e sport e artigianato. Numerosi gli articoli dedicati all’arte, ma molto presenti anche le terre lontane, dall’Africa al Tibet.
Comincia in questi anni una politica di reclutamento di firme della letteratura e del giornalismo: «del teatro, della critica cinematografica e della moda, della cronaca sportiva e della televisione, della musica e dei direttori dei settimanali […] » (n. 1 1958, p. 2). Amedeo Maiuri, Anna Maria Ortese, Vincenzo Cardarelli, Lisa Ponti, Dino Buzzati, Giovanni Comisso, Indro Montanelli e Giuseppe Ungaretti vi scrivono almeno una volta, mentre un’importanza sempre maggiore viene accordata alla qualità delle immagini fotografiche. Tra il 1951 e il 1955, la fotografia diventa anche uno degli argomenti trattati dalla rivista.
Fino alla metà degli anni ’50, non mancano espliciti riferimenti all’azienda e ai suoi proprietari, come le pagine dedicate all’80° e all’85° compleanno di Onorato Dompé, padre di Franco (Celebrazioni n.3/4, marzo-aprile 1948; Dompé: tre generazioni, una tradizione 1853-1953, n.4 1953); oppure lo spazio dedicato nel numero di gennaio del 1951 all’inaugurazione della nuova fabbrica (I nuovi stabilimenti Dompé in Italia e all’estero al servizio della scienza, n. 1 1951). Nelle pagine sia pubblicitarie sia redazionali ricorrono frequentemente gli stabilimenti milanesi, l’interno dei laboratori e gli stand fieristici Dompé. Al salone d’ingresso della sede amministrativa, è dedicata invece la copertina del n. 2-3 1950.
Allo stesso modo, fino al 1955, sono piuttosto frequenti le pagine dedicate al pubblico specifico della rivista, i medici: in particolare quelle in cui compare il resoconto dei congressi che si tengono di varie località italiane.
La rivista si fa sempre più pregiata nella veste grafica e visivamente interessante grazie alle invenzioni di Franco Grignani, che si occupa quasi certamente dell’impaginazione fin dai primi numeri. Tuttavia, annunci pubblicitari che portano la sua firma compaiono in Bellezza d’Italia solo a partire dal n. 7/8 del 1948, mentre il suo nome figura per la prima volta in sommario come «direttore artistico» soltanto nel 1951 (n. 3). A partire dal n. 3 del 1949 Grignani comincia a realizzare copertine più elaborate, puntando sulle sue capacità di controllo delle tecniche grafiche e fotografiche. Nel n. 5, 1952, compare per la prima volta l’abbreviazione Bd’I in copertina. Grignani dà vita inoltre a un ricco repertorio di soluzioni grafiche nella creazione delle numerose pagine pubblicitarie per prodotti della Dompé come Artrosil, Cardioritmon, Guaiacalcium, Tribenzoica e Vi- Lactis.
Nell’impaginazione tutto è subordinato all’importanza da dare alle immagini fotografiche, dai tagli diversissimi, che Grignani riesce ad disporre abilmente sulla superficie della doppia pagina. Proprio per dare maggiore risalto alla fotografia e approfittare fino in fondo delle sue potenzialità nel 1955 viene introdotta una importante novità nel formato. Con le nuove misure (24, 2 x 32,3 cm) i fascicoli assumono un caratteristico slancio orizzontale che contribuirà a rendere riconoscibile la rivista. Il numero 3 del 1955 è il primo ad uscire con il formato ad album e al suo interno si annuncia che la decisione di «rinnovare la veste editoriale» è dovuta al fatto che la rivista è «ultimamente da troppi imitata». Al di là di tale volontà di differenziarsi, la scelta viene giustificata con il desiderio di raggiungere «una maggiore aderenza alla realtà visiva», poiché «la natura ci offre visioni sviluppate assai più orizzontalmente che verticalmente» (Bellezza d’Italia una nuova realizzazione. Impaginazione a sviluppo orizzontale, foglio allegato alla pagina che precede il sommario).
La variazione di formato coincide con il passaggio della rivista nelle mani di una figura importante come Lino Pellegrini, già collaboratore della rivista da alcuni anni. Con la sua direzione, Bellezza d’Italia cambia sensibilmente anche impostazione editoriale. Pellegrini è un personaggio versatile con alle spalle un passato da corrispondente di guerra per Il Popolo d’Italia. Presentato nelle pagine della stessa Bd’I come «viaggiatore, alpinista, esploratore, fotografo» (n. 2 del 1953) si interessa molto anche di immersioni subacque. Il suo contributo più interessante sta forse nelle sue doppie competenze di giornalista e fotografo. Del resto, sono molti altri in questi anni i collaboratori di Bellezza d’Italia che scrivono e fotografano: Cesco Tomaselli, Pession, Cenzato oppure fotografi come Horvat e Patellani.
Nel 1958, in una sorta di bilancio provvisorio, la direzione può affermare orgogliosamente che «nei suoi undici anni di vita, la nostra rivista ha saputo raggiungere un piano letterario, fotografico e tecnico così elevato da collocarsi tra le prime pubblicazioni di valore internazionale» (n. 1 1958, p.2). A partire dal n. 1 del 1956, del resto, le ultime pagine contengono una sintesi in inglese, tedesco e spagnolo degli articoli pubblicati. Tuttavia, è vero anche che con la direzione di Pellegrini la rivista assume una linea editoriale forse più superficiale, inseguendo un’estetica patinata che rischia spesso di diventare convenzionale e prevedibile. I temi sono sempre più strettamente legati alla descrizione di bellezze naturali e artistiche, con molta più attenzione tuttavia alle mete lontane ed esotiche. Relegati in coda, invece, e con sempre minore spazio, lo sport e la moda. Scompare drasticamente dalle pagine redazionali ogni riferimento all’azienda, che è presente soltanto negli annunci pubblicitari.
Gli ultimi anni della rivista sono meno interessanti. La formula diventa più scontata e l’impianto visivo, pur restando tecnicamente ineccepibile e lussuoso nella veste tipografica (stampa a colori accuratissima e carta tutta patinata), risente molto dell’assenza di Grignani, che nel 1961 lascia il periodico e interrompe il suo rapporto professionale con la Dompé. Al suo posto compare una «collaborazione artistica di *Alter» (non è chiaro se si tratti di un grafico oppure magari di un’agenzia), che però appare limitata alle pagine pubblicitarie. L’impaginazione passa in questi anni nelle mani dello stesso Pellegrini, che svolge quindi contemporaneamente i ruoli di direttore editoriale e artistico, oltreché di scrittore e fotografo.