Rivista dalla vita breve ma di notevole importanza negli anni Cinquanta per la nascente cultura del design italiano. Fortemente voluta da Giulio Castelli per la sua azienda Kartell-Samco, Qualità rappresentò uno dei primi house organ del settore. Sicuramente il tentativo più interessante di coniugare alla promozione degli articoli casalinghi in plastica il tema del disegno industriale.
Non a caso il primo fascicolo si apre con due pagine che celebrano la vittoria del Compasso d’oro 1955 assegnata al secchio in polietilene progettato da Gino Colombini per Kartell. È subito un’occasione per riconoscere «l’importanza del nuovo rapporto di collaborazione tra il mondo dell’arte e il mondo della produzione» e per mettere al centro delle preoccupazioni della rivista il design. Si annuncia infatti che al disegno industriale sarà dedicata una «rubrica fissa» specificando, a proposito della scelta della testata, «che la nostra battaglia si basa essenzialmente sull’arma della qualità del prodotto». Viene chiarito anche l’obiettivo più importante che si pone il periodico: l’educazione del pubblico, ritenuta «indispensabile» per ottenere successo puntando su alti standard tecnici ed estetici.
Qualità, tuttavia, non è una pubblicazione che si rivolge direttamente ai consumatori ma è chiaramente indirizzata ai rivenditori dei prodotti Kartell. L’azienda era nata nel 1949, grazie all’iniziativa di Giulio Castelli, ingegnere chimico allievo di Natta, convinto che, nella fabbricazione di molti oggetti e utensili, fosse possibile sostituire legno, metallo e vetro con i nuovi materiali polimerici sintetici. Come in molte aziende del design italiano, fin dall’inizio si punta molto sul sistema distributivo, oltreché sulla qualità del progetto. Di qui l’importanza strategica fondamentale della rete dei rivenditori, individuati anche come bersaglio di una campagna educativa, volta a renderli efficaci mediatori presso il pubblico. La rivista intende quindi mettere i rivenditori in grado di contribuire all’affermazione dei prodotti in plastica e arruolarli nella comune «battaglia per la qualità».
Nel secondo fascicolo compare una cartolina con una serie di quesiti da compilare, in cui si chiede a coloro che ricevono la rivista di fornire ulteriori nominativi cui far spedire gratuitamente i fascicoli di Qualità. Seguendo una formula piuttosto diffusa nelle riviste aziendali di quegli anni, si cerca molto presto di conoscere il parere dei lettori, incentivando l’invio di proposte su nuove rubriche o eventuali modifiche da apportare al periodico.
Per tutti gli 11 numeri pubblicati, la direzione della rivista è tenuta dallo stesso Castelli, mentre Gino Colombini - che all’epoca dirigeva l’Ufficio tecnico Kartell e progettava molti dei casalinghi prodotti dall’azienda - firmò l’impostazione grafica delle prime copertine e molto probabilmente curò anche l’impaginazione interna dei primi due fascicoli.
A partire dal numero 3 (inverno 1956-57) c’è invece l’entrata in scena di Michele Provinciali, che coincide con una svolta importante anche nell’impostazione editoriale. Come viene ricordato in un articolo apparso nell’ultimo fascicolo della rivista (Qualità: undicesimo capitolo, n. 11, inverno 1960), a Provinciali viene chiesto di contribuire a trasformare un’esile pubblicazione, che ancora conservava l’aspetto di un «catalogo informazioni», in una vera e propria rivista: una rivista in grado di accompagnare le «collaborazioni di giornalisti e di tecnici» con copertine sempre «nuove e attraenti per ogni numero» pur dentro «un’immagine organica».
L’intenzione di conferire a Qualità un aspetto maggiormente «giornalistico» è confermata all’interno della Rubrica del cliente del n. 4 (primavera/estate 1957). Michele Pistorio - dirigente commerciale della Kartell - risponde ai numerosi lettori che chiedono di stampare sempre i prezzi accanto ai prodotti, promettendo piuttosto di allegare un listino prezzi separato: «aggiungere infatti alle notizie sui vari oggetti anche il loro prezzo significherebbe dare alla rivista un tono d’opuscolo pubblicitario, che è proprio quello che non vogliamo».
L’impaginazione con l’intervento di Provinciali cambia visibilmente. Articolata liberamente in colonne, lascia largo spazio alle invenzioni visive, sia nelle pagine editoriali sia in quelle pubblicitarie. Le pagine mantengono però un carattere sobrio e un impianto mirato «a far conoscere l’oggetto non a esaltarlo, a chiarire le ragioni tecniche e stilistiche, non a metterlo banalmente in vetrina» (Qualità: undicesimo capitolo, n. 11, inverno 1960).
Nelle parti più tecniche, diagrammi, materiali fotografici e campiture di colore uniforme rispondono efficacemente agli intenti didascalici della pubblicazione. Esempio significativo, da questo punto di vista, è l’articolo Come nasce un Kartell-Samco, che si sofferma, con l’ausilio di grafici e fotografie, su tutto l’iter progettuale e produttivo che accompagna un articolo dell’azienda: dal disegno fino alla sua realizzazione con stampi e sistemi di produzione in serie (5, autunno 1957).
A partire dal numero 4, le copertine abbandonano lo schema ad esagoni creato da Colombini per variare ad ogni fascicolo. Il sommario compare inizialmente in forma di tagliando sciolto, ma dal num. 6 (inverno 1957) è collocato più tradizionalmente nelle prime pagine e reca la riproduzione in formato ridotto della copertina, commentata da un breve testo. A proposito dell’immagine presente nella copertina del n. 6, si dice ad esempio: «La nostra copertina reca una fioritura di prodotti Kartell-Samco che vale di suggerimento per mostre e vetrine ai rivenditori. Nella nostra intenzione la copertina […] vuol portare anche gli auguri, nella forma di un albero di Natale modernissimo a tutti gli amici».
I fascicoli sono strutturati secondo una ripartizione più o meno fissa degli argomenti in sezioni. Oltre allo spazio riservato ai temi dell’Industrial design ci sono: Materie plastiche, Materie plastiche nell’edilizia, Materie plastiche nel mondo. Segue la tradizionale presentazione dei Nuovi casalinghi Kartell o della produzione di aziende appartenenti al gruppo, come la Verbania. In alcuni numeri compaiono anche pagine dedicate alla presentazione della pubblicità Kartell o alle Relazioni pubbliche. Più o meno fisse anche rubriche come quelle dedicate alla corrispondenza o ai concorsi.
I titoli degli articoli dimostrano gli intenti didattici e divulgativi della rivista. Dietro al taglio giornalistico si nasconde la volontà di promuovere l’uso della plastica: Il futuro delle materie plastiche; Il falso delle materie plastiche (4, primavera-estate 1957); I nostri figli vivranno in case di plastica come questa, sulla casa realizzata interamente in plastica dall’architetto americano Marvin Goody per la Monsanto Chemical Co.; Meglio della neve vera, in cui si parla dell’uso della plastica nella fabbricazione della neve artificiale (7, estate/autunno 1958); La plastica che guarisce (9, estate 1959), La plastica che aiuta a prolungare la vita (11, inverno 1960). Da rilevare anche i disegni di Tinin Mantegazza, che raccontano al pubblico dei più giovani i concetti e le idee presenti nelle altre parti della rivista, attraverso il personaggio di Kartellino (Storia vera di Kartellino, che diventa un appuntamento fisso a partire dal numero 7).
L’obiettivo che si pone Qualità è, in ultima analisi, introdurre gli articoli di plastica nelle case e negli ambienti di lavoro degli italiani, farli diventare oggetti familiari, in contesti spesso poco moderni o anche rurali. Le strategie impiegate sono molteplici, ma certamente un ruolo fondamentale lo svolge l’intervento visivo di Provinciali e in particolare la sua direzione artistica delle fotografie. Progressivamente, il grafico parmense si affida sempre meno a presentazioni tecniche e schemi grafici, per lavorare invece sull’‘ambientazione’ dei prodotti. L’idea è quella di «mostrare gli oggetti non su fondo bianco o nero, comunque irrimediabilmente neutro, ma in un contesto concreto e vivo, ritrarli insieme alla gente e al passaggio nella loro (futura) vita quotidiana» (Qualità: undicesimo capitolo, n. 11, inverno 1960).
È così che nascono le pagine in cui i cestini per la merenda dei bambini sono fotografati all’interno di un vero asilo infantile; oppure le fotografie in cui secchi Kartell sono ripresi accanto ai contadini, sullo sfondo di una fattoria, nel corso di una mattinata nella campagna lombarda (Ks 1801 cestino asilo e Buongiorno al secchio in n.7, Estate/Autunno 1958). È una formula che fonde abilmente giornalismo e pubblicità, rifiutando le immagini costruite in studio e dando vita a «copertine, servizi, reportage veri e propri, viaggi per i mercati in cerca di carretti carichi di materia plastica, o meglio, in cerca di due teste annoiate al di sopra di una montagna di secchi e di tinozze di polietilene». Mentre la rivista promuove gli articoli Kartell, proclama l’intenzione di documentare e celebrare una «nuova civiltà degli oggetti». Lo fa con una fotografia che arriva ad ‘ambientare’ bicchieri, spremiagrumi, secchi, bacinelle, caraffe e tinozze di plastica in «un’austera aula di un istituto di belle arti, con alle pareti e sugli scaffali teste, figure, bassorilievi».
Queste considerazioni sono contenute nell’ultimo fascicolo uscito (n. 11, inverno 1960), in un articolo già ampiamente citato e scritto probabilmente proprio da Giulio Castelli. La pubblicazione della rivista si interrompe bruscamente in un momento di massima espansione dell’azienda. Dopo il lavoro di divulgazione compiuto sui materiali plastici e i riconoscimenti ottenuti nell’ambito del design, Kartell negli anni ’60 comincia ad occuparsi anche di elementi di arredo e si avvia a diventare uno dei più celebri marchi storici del made in Italy. Qualità sarà poi sostituito da Kartellnews: periodico di informazione della Kartell