House organ dell’Italsider pubblicato solo nei primi quattro anni di vita della società siderurgica, che fu creata ufficialmente nel 1961.
La fama e gli apprezzamenti che il periodico riuscì a guadagnarsi furono dovuti in gran parte alla politica di sostegno dell’arte contemporanea, svolta attraverso la pubblicazione sulla copertina di ogni fascicolo di un’opera appartenente alle correnti più avanzate del momento o di un artista ormai consacrato.
Caratterizzata da ambizioni giornalistiche non comuni per un periodico aziendale e da un aspetto visivo raffinato, Rivista Italsider era distribuita gratuitamente non solo ai dipendenti dell’azienda.
Rivista Italsider era inviata infatti anche a personalità del mondo economico, industriale e finanziario, istituti bancari, società industriali e commerciali, parlamentari e uomini di governo, studiosi e università, scrittori e giornalisti, ambasciate e legazioni all’estero, biblioteche, enti culturali, gallerie d’arte e musei.
Il periodico era concepito come mezzo di comunicazione con la comunità dei dipendenti, ma allo stesso tempo era uno strumento di relazioni pubbliche e veniva definito spesso come organo “di prestigio” dell’azienda, cui si affiancavano una serie di pubblicazioni a cura degli stabilimenti locali.
Questa strategia è evidente sin dal primo numero, la cui copertina riproduce un dipinto di Gino Severini intitolato Nascita dell’Italsider e commissionato per l’occasione all’artista.
Rivista Italsider nacque come «unico nuovo periodico bimestrale» destinato a sostituire contemporaneamente le riviste Cornigliano e Noi dell’Ilva. Creata in previsione dell’imminente fusione tra le due aziende siderurgiche che confluivano nell’Italsider, la nuova rivista fu spedita fin dall’inizio in abbonamento a tutti i 30.000 dipendenti che entravano a far parte del gruppo. Tuttavia, dal punto di vista redazionale essa è a tutti gli effetti una prosecuzione di Cornigliano, di cui conservò gran parte dei collaboratori.
Il direttore della nuova pubblicazione era Carlo Fedeli, già a capo delle relazioni pubbliche della Cornigliano, mentre Arrigo Ortolani, che aveva diretto la precedente rivista, entrò nel comitato di direzione e continuò a dare un contributo importante. Infine, giornalisti come Luciano Rebuffo o illustratori come Riccardo Manzi e Flavio Costantini passarono senza soluzione di continuità dalle pagine dell’uno a quelle dell’altro periodico.
La veste grafica di Rivista Italsider, come quella di Cornigliano, era affidata a Eugenio Carmi, artista e designer che in quegli anni lavorò alla costruzione di tutta l’immagine della siderurgia pubblica. Grazie alla sua direzione artistica, oltre alle opere pubblicate in copertina, arrivarono celebri illustratori e fotografi. Anche le collaborazioni degli scrittori erano prestigiose (compaiono articoli di nomi come Umberto Eco o Gillo Dorfles e di altre note firme del giornalismo, della critica e della letteratura).
Anche i temi degli articoli ricalcavano chiaramente l’indirizzo editoriale del periodico della Cornigliano, ma ne allargavano ulteriormente l’orizzonte: si fecero sempre più numerosi gli articoli di interesse culturale come quelli dedicati alle mostre, alle figure di noti architetti o ad argomenti come la poesia visiva. Tali argomenti compaiono accanto a dati tecnici e statistici, articoli informativi sull’andamento della siderurgia internazionale o temi di interesse più strettamente aziendale.
Rivista Italsider cessa di essere pubblicata quando termina il rapporto di collaborazione con l’azienda di personaggi come Eugenio Carmi, Carlo Fedeli e altri membri del gruppo da loro coordinato. La chiusura coincide anche con lo spostamento del centro di gestione economica e politica del gruppo da Genova alla sede romana della Finsider.
Dopo l’uscita dell’ultimo numero (n. 6, anno V, dicembre 1965), infatti l’eredità di Rivista Italsider viene in parte raccolta da una nuova pubblicazione intitolata Rivista Finsider.