Il primo numero della rivista si presenta senza copertina e senza titolo. Lo scopo è quello di coinvolgere i dipendenti del cotonificio in un concorso che premierà con denaro e libri le migliori proposte per il titolo e la grafica. La nascita della nuova rivista era stata preannunciata con il numero unico “Ecco questa è la Legler” del dicembre 1957. L’opuscolo, destinato in prima istanza a presentare l’azienda ai nuovi assunti, aveva anche lo scopo di coinvolgere i dipendenti già presenti in azienda in un ruolo di accoglienza verso i nuovi arrivati e di possibile collaborazione al futuro notiziario aziendale.
I dipendenti venivano quindi invitati a imbucare le proposte per il concorso in apposite cassette poste all’interno dello stabilimento. Le “cassette” sono le stesse che serviranno anche per la raccolta dei “suggerimenti” che il personale sottopone alla direzione per migliorare metodi di lavoro, formazione del personale e reparti dello stabilimento. La “cassetta dei suggerimenti”, poi “cassetta delle idee”, diventa una delle rubriche ricorrenti in molti dei numeri della rivista.
Nel secondo numero si dà conto della votazione della giuria: il titolo prescelto è «Tessilegler» proposto da Luigi Rottini, assistente alla tessitura. Altri titoli suggeriti vengono invece utilizzati per le rubriche: L’aquilotto è dedicata ai bambini figli dei dipendenti, La siesta alla pagina di svago, Traguardi Legler alle attività sportive dopolavoristiche. Viene premiata anche la copertina, sebbene in realtà quella effettivamente utilizzata nei primi numeri della rivista risulterà differente dalla proposta originaria. Entrambe le copertine sono studiate da Gian Luigi Lazzari, impiegato dell’ufficio stampa. Tuttavia, dal n. 2, a. II, marzo-aprile 1959, dal quale la rivista passa a ventiquattro pagine, la grafica di copertina è affidata a una figura esterna all’azienda e affermata nel graphic design, Max Huber, che sostituisce per soli tre numeri Mario Scheichenbauer, altra figura di rilievo nel settore della grafica e del design, oltre che dell’architettura. Scheichenbauer ritornerà a occuparsi dell’impaginazione della rivista fino alla fine del 1962. Dal 1963 l’impaginazione verrà rilevata da uno dei titolari della Stamperia Stefanoni di Lecco alla quale era passata anche la pubblicazione della rivista.
La stampa a due colori (il nero abbinato a una tinta diversa in ogni numero) resta una costante per tutta la durata della rivista. Questa scelta tipografica, probabilmente dettata da ragioni di costi, diventa un mezzo per caratterizzare un impaginato sostanzialmente classico sia per la disposizione dei testi che delle immagini. Anche per alcune copertine tra il 1959 e il 1960, un colore associato al nero delle scritte e delle immagini diventa elemento distintivo. Le pagine interne possono essere stampate con il nero e lo stesso colore della copertina oppure con un colore diverso. In quest’ultimo caso, per la seconda di copertina e la prima pagina della rivista, la grafica può sfruttare tre colori per un migliore effetto (il nero e le due tinte di copertina e pagine). Nelle pagine, le campiture di colore pieno fanno da sfondo di volta in volta a titoli, vignette, grafici e tabelle. In alcuni casi, il colore serve anche a virare le fotografie. Le pagine maggiormente caratteristiche risultano essere, tuttavia, la seconda di copertina con la prima pagina della rivista, considerate in molti numeri come uno spazio unico in cui gestire le informazioni editoriali e l’Editoriale. Tale continuità tra le due pagine è sottolineata in molti casi anche da schizzi, probabilmente realizzati dallo stesso Scheichenbauer, estesi lungo la larghezza delle due pagine. Altre vignette e schizzi sono spesso pubblicati nella restanti pagine ed in alcuni casi sono opera anche di dipendenti-collaboratori. Se le modifiche dell’impaginato all’interno della rivista, pur presenti, non sono così rilevanti, diverso il discorso per quanto riguarda la copertina che, dopo il primo significativo cambiamento di cui si è detto, presenta un ulteriore e radicale cambiamento con i numeri 3 e 4 del 1960. Al di là dell’aspetto grafico, il cambio di copertina sancisce di fatto un’evoluzione dei contenuti che, nell’arco dei 38 numeri è ben percepibile. A pagine dedicate in larga misura all’attività di stabilimento (con articoli tecnici sui metodi di produzione, tecnologie adottate, migliorie), alla vita dei dipendenti (nella rubrica Notizie di casa nostra, una delle poche presenti costantemente in tutti i numeri), alle notizie sulle attività dopolavoristiche, si vanno progressivamente aggiungendo, con un enfasi e un peso rilevante, pagine sulle relazioni esterne, sull’immagine “alla moda” che i prodotti del cotonificio vanno conquistando. Questo spiega perché, se nei primi 14 numeri la copertina presenta una “carrellata” di fotografie di vita aziendale e di vita familiare dei dipendenti, dal numero 15 in poi lo spazio è occupato dalla fotografia di una modella con abiti realizzati da affermate case di moda utilizzando i tessuti del cotonificio. Copertine di questo tipo avvicinano maggiormente la rivista all’aspetto di un magazine femminile che a un notiziario aziendale. Non per nulla in alcuni numeri viene specificato che la fotografia di copertina è dovuta al reparto Pubblicità / Promotion che trae l’immagine dal fascicolo «Moda Legler Italia», un periodico realizzato per la vendita dei tessuti Legler.
Nel complesso gli articoli offrono una significativa varietà di argomenti per dare un’immagine a tutto tondo della realtà aziendale e del contesto socio-economico in cui si colloca. Con il passare dei numeri si consolida un impianto definito. Per le relazioni esterne, al più tradizionale resoconto delle visite di stabilimento si affianca il resoconto di eventi legati alla specifica attività promozionale del cotonificio. Viene ricordata la collaborazione con partner che a vario titolo operano nel settore del tessile per organizzare eventi promozionali in Italia e all’estero. Valgono a titolo di esempio le 23 sfilate in altrettante città italiane da Trento a Palermo, organizzate nel 1960 dalla rivista femminile Grazia, dall’industria di macchine per cucire Necchi e dalla Legler con modelli realizzati da stilisti italiani e francesi e presentati da volti della televisione come Enza Sampò e Fausto Tommei. Sempre nel 1960 vengono organizzate 31 sfilate in Germania occidentale in collaborazione con la casa editrice Burda. Lo stesso scopo promozionale ha la partecipazione alle manifestazioni di alta moda a Firenze presso Palazzo Pitti, di cui «Tessilegler» dà notizia. Di eventi come le sfilate, l’apertura nel 1961 dei nuovi uffici nel grattacielo Pirelli a Milano, i numerosi riconoscimenti anche internazionali alla qualità dei tessuti, la rivista dà puntuale resoconto. Sul fronte interno la maggior parte degli articoli è dedicata ad aspetti tecnici della produzione. Personale dell’azienda, con competenze professionali specifiche redige, anche a puntate, articoli su varie fasi della produzione. Si tratta di articoli in cui si fa uso di un linguaggio specialistico: rimettaggio o incordatura dei fili, sbozzimatura, digrezzatura, sono alcuni degli argomenti trattati accanto a quelli più generali sul cotone, la tessitura, i telai, il candeggio, ecc. Lo spazio dato alle varie fasi del processo va messo in relazione ai numerosi articoli sullo “studio dei metodi e dei tempi” del lavoro, ai premi di rendimento in sostituzione della retribuzione a cottimo, all’organizzazione aziendale complessiva (con riferimenti ad esempio agli studi di Pierluigi Malinverni), ecc. Nel perseguimento dell’efficienza vengono indetti anche premi specifici: quello per i promemoria meglio compilati nella comunicazione interna fra i diversi uffici (n. 6, a. III, novembre-dicembre 1960), oppure quello per i migliori lettori di riviste della ricca biblioteca aziendale nel tentativo di coordinare un efficace sistema di rassegna stampa (n. 2, a. IV, marzo-aprile 1961). Agli articoli specificamente dedicati alla produzione si affiancano anche quelli dedicati ai vari uffici (vendite, paga, pubblicità, ecc.), all’ampliamento dello stabilimento, ai corsi interni di formazione del personale (ad esempio il ciclo delle Conversazioni sui problemi di oggi e di domani), che sboccano nel 1964 alla creazione del Centro di addestramento per il personale, al richiamo allo spirito di “collaborazione” tra dirigenza e maestranze. Nel n. 4, a. III, luglio-agosto 1960, con il titolo Miglioriamo insieme la qualità, l’amministratore delegato Matteo Legler sottolinea “la buona disposizione della Direzione nel considerare tutte le possibilità di miglioramento della maestranza. È ben evidente che è tanto più facile andare incontro alle richieste dei dipendenti, quanto più stretta è la collaborazione e quanto più solidali si è nel contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Azienda”. Come solitamente accade negli house organ di questi anni, il riferimento a una “famiglia aziendale” interclassista è sostenuto da una serie di rubriche e articoli ad hoc. Dal n. 5, a. III, settembre-ottobre 1960 e fino alla fine del periodico, una nuova rubrica Lettere al direttore si propone di “intensificare e facilitare il colloquio tra la Direzione ed i Dipendenti”. Questa rubrica è di fatto un ulteriore canale per parlare di aspetti specifici della produzione, come di questioni più generali di organizzazione. Notizie di casa nostra (con informazioni su assunzioni, pensionamenti, commissioni interne, nascite, morti, ecc.) è una delle poche rubriche costantemente presenti ed è supportata da un significativo corredo di articoli specifici sui premi di fedeltà aziendale, sulle attività dopolavoristiche e di solidarietà (Avis, Opera San Vincenzo, ecc.) sulle case dei dipendenti realizzate o finanziate dall’azienda, ecc. Il coinvolgimento dei dipendenti/lettori nella stesura del giornale aziendale fa parte di questa stessa strategia di “relazioni umane”: il concorso indetto per il titolo del giornale (di cui si è già detto), gli articoli scritti da dipendenti/lettori ad alcuni dei quali venne riconosciuto il premio Pacces, il referendum indetto tra i lettori su pregi, difetti e desiderata per il giornale aziendale, ecc. Menzione a parte va fatta per l’attività del Circolo fotografico e del Cineclub Bergamo sezione Legler. Oltre ai numerosi concorsi fotografici e cinematografici nazionali ma anche internazionali a cui le due realtà partecipano, la Direzione aziendale coinvolge il Cineclub nella realizzazione di films didattici sul metodo di preparazione dei prodotti. Il n. 5, a.IV, settembre-ottobre 1961 dà significativo risalto all’iniziativa. Inoltre “un particolare da sottolineare è il contributo che dà la rilevazione cinematografica nello studio dei metodi e dei tempi specie nelle operazioni di brevissima durata. Infatti proiettando poi al rallentatore i particolari di lavorazioni veloci si possono rilevare agevolmente gli eventuali difetti ed errori”.
Rispetto al contesto economico-finanziario in cui si colloca l’azienda, un certo spazio è dato ad articoli che trattano delle prospettive del cotonificio in relazione al Mercato Comune Europeo, degli accordi societari con aziende operanti nel tessile per ottimizzare, migliorare, rendere maggiormente competitiva l’offerta aziendale sul mercato. Il marchio di tessuti Quikoton realizzato in collaborazione con la società Cantoni e il marchio Etacol promosso da 6 produttori europei, vengono presentati sulle pagine del terzultimo e del penultimo numero del periodico aziendale. In generale nel relazionare sulle novità produttive l’attenzione di «Tessilegler» è rivolta da una parte a sottolineare i continui investimenti in ricerca e innovazione, dall’altra a mostrare i vantaggi di un’intesa fra partner nell’affrontare la crisi di un mercato che nei primi anni Sessanta si fa sentire. Il primo articolo dell’ultimo numero, firmato dal vice presidente della società, Fredy Legler, e significativamente intitolato Guardiamo in faccia alla realtà, è esplicito riguardo alla situazione del settore. “La produzione tessile cotoniera nazionale si è trovata a non essere più competitiva sui più importanti mercati esteri. Il 1963 ha visto di conseguenza, come era già avvenuto nel 1962, una drastica riduzione delle esportazioni del settore tessile cotoniero (...). Nel 1963 in sede nazionale e per il settore tessile cotoniero alla caduta delle esportazioni ha fatto riscontro una impennata delle importazioni per lo più da paesi in via di sviluppo a bassi costi di lavoro”. Pertanto non è da escludere che una delle ragioni della conclusione dell’esperienza di «Tessilegler» sia da attribuire a quella crisi che impose probabilmente dei tagli su alcune voci di costo di non immediata utilità.